La Vittoria di Calvatone
1836-2016: dalla clamorosa scoperta archeologica alla clamorosa riscoperta al Museo dell'Ermitage di San Pietroburgo
Nel febbraio del 1836 i contadini intenti ad arare un campo di proprietà della famiglia Alovisi di Piadena in località Costa di Sant'Andrea, nei pressi di Calvatone (il cd. Campo del Generale), vedono improvvisamente rotolare tra i solchi dell'aratro una testa femminile in bronzo dorato. Trascorso un mese, il 14 marzo 1836, in seguito all'interessamento dello stesso Luigi Alovisi, avviene il recupero di altri due frammenti pertinenti alla medesima statua, il corpo privo del braccio e della gamba sinistra e un globo su cui posano entrambi i piedi. Ed è proprio la presenza dell'iscrizione sul globo a sostegno della figura femminile a connotare la giovane fanciulla, vestita di un leggero chitone coperto nella parte superiore da una pelle di pantera, come una Vittoria - personificazione nel mondo romano del trionfo militare - dedicata agli imperatori Marco Aurelio e Lucio Vero (161-169 d.C.): VICTORIAE AVG. / ANTONINI ET VERI / M. SATRIUS MAIOR.
La notizia della clamorosa scoperta della "Vittoria di Calvatone" viene immediatamente comunicata (17 aprile 1836) all'Istituto di Corrispondenza Archeologica (oggi Istituto Archeologico Germanico di Roma). Nel 1837 il rinvenimento viene segnalato nel "Bullettino dell'Instituto di Corrispondenza Archeologica", cui segue nel 1839 la pubblicazione negli "Annali dell'Instituto di Corrispondenza Archeologica" del saggio di Ludwig Urlichs dal titolo Statua di bronzo della Vittoria senza ale. Una dettagliata descrizione del rinvenimento si trova anche nell'opera dell'erudito locale don Luigi Luchini dal titolo Bebriaco illustrato dai suoi scavi archeologici. Prima pagina di storia cremonese (1878).
Nel 1841 la statua viene ceduta al regno di Prussia per essere esposta all'Antikenmuseum di Berlino, dove viene restaurata e ampiamente integrata nelle parti mancanti (braccio sinistro che regge un ramo di palma e piede e gamba sinistra). La "Vittoria di Calvatone" viene esposta in questa nuova veste dapprima in una sala del museo e poi, in via definitiva, sulla scalinata d'ingresso del museo, dove resta visibile al pubblico fino alla seconda guerra mondiale, e viene fatta oggetto dello studio monografico di Bruno Schroder dal titolo Die Victoria von Calvatone (1907).
In occasione della "Mostra Augustea della Romanità", organizzata nel 1937 nell'ambito delle celebrazioni per il bimillenario della nascita di Augusto e ideata per porre l'Impero romano come modello per l'Italia fascista, Berlino invia a Roma una copia in gesso della "Vittoria di Calvatone", oggi esposta al Museo della Civiltà Romana all'EUR. Nel 1937 viene realizzata una seconda copia della statua, in bronzo, acquistata da Cremona in occasione delle celebrazioni per il bicentenario stradivariano, oggi parte delle collezioni del museo archeologico della città.
Alla fine della seconda guerra mondiale, contestualmente all'ingresso dell'Armata Rossa a Berlino, la "Vittoria di Calvatone" scompare e si perdono le tracce dell'originale romano. La presenza di una terza copia della statua al Museo Puskin di Mosca, tuttora esposta, ha fatto discutere per anni gli studiosi sul fatto che potesse trattarsi dell'originale romano trafugato da Berlino, nonostante il museo abbia sempre dichiarato la statua una copia.
Calvatone stessa, nel corso del tempo, si è voluta dotare di due copie della celebre statua, l'una esposta nel Palazzo del Municipio e l'altra collocata sul Monumento ai Caduti che domina la piazza principale della cittadina.
L'interesse per la sorte della "Vittoria di Calvatone" è, dunque, rimasto vivo presso gli studiosi nel corso del tempo, ma le ricerche hanno subito un'accelerazione negli ultimi due anni (2015-2016).
L'impulso decisivo alle ricerche sulla Vittoria viene dato da Ezio Alovisi, pronipote di quel Luigi Alovisi da Piadena primo proprietario della statua. L'Alovisi manifesta il suo interesse per la sorte del manufatto e mette a disposizione la documentazione posseduta dalla sua famiglia per la realizzazione di una mostra già in corso di ideazione presso i Musei Civici di Cremona dal titolo "1937. La Vittoria Alata e le Celebrazioni Stradivariane", che prevede l'esposizione al pubblico della copia cremonese della "Vittoria di Calvatone" presso il Museo Archeologico "San Lorenzo" [catalogo della mostra: F. Cacciatori, M. Volonté (a cura di), 1937. La Vittoria Alata e le celebrazioni Stradivariane (Cremona, Museo archeologico San Lorenzo - Museo del Violino, 21 novembre 2015 - 6 marzo 2016), Cremona 2015].
La mostra rappresenta, dunque, l'evento decisivo per approfondire la storia della statua dalla sua scoperta alla successiva scomparsa, e l'occasione per integrare il racconto con l'acquisizione di nuovi documenti che permettono di chiarire alcuni passaggi della storia rimasti oscuri.
Dall'articolo di Ezio Alovisi dal titolo Storia di archeologia e di famiglia, contadini e generali pubblicato nel catalogo della mostra (pp. 31-36) apprendiamo le vicende della statua nei cinque anni successivi alla scoperta (1836-1841), quando il manufatto era di proprietà della sua famiglia. Nel testo si legge che, in seguito al rinvenimento, i tre frammenti bronzei della statua romana vengono trasferiti per volere di Luigi Alovisi al Museo Civico di Brescia, in attesa di ottenere il permesso per un'esposizione pubblica presso l'Accademia delle Belle Arti di Brera a Milano. In occasione dell'esposizione al pubblico, avvenuta dall'8 al 30 maggio 1837, la statua viene minuziosamente analizzata e ricomposta dallo scultore esperto in metalli Bartolomeo Conterio (autore dell'opuscolo Statua della Vittoria piadenese. Osservazioni, 1838). Restituita al Museo Civico di Brescia, la "Vittoria di Calvatone" rimane qui custodita in deposito fino al 22 dicembre 1841, giorno in cui viene ceduta da Luigi Alovisi al Re di Prussia Federico Guglielmo IV per essere esposta all'Antikenmuseum di Berlino, per una somma di 12.000 lire austriache e il rilascio di un titolo nobiliare. Durante il periodo di permanenza della statua a Brescia (1837-1841), il responsabile del museo Gerolamo Ioli ne esegue un disegno molto dettagliato, privilegiando il profilo destro perché completo: tale disegno, custodito per 175 anni dalla famiglia Alovisi, viene donato da Ezio Alovisi ai Musei Civici di Cremona nel luglio 2015.
I due articoli di Marina Volonté, pubblicati nel catalogo della mostra, permettono di ripercorrere con dovizia di particolari sia le vicende ottocentesche della statua sia le vicende berlinesi. Nel primo articolo dal titolo Le vicende ottocentesche: la Vittoria "senza ale" (pp. 37-44), oltre a ripercorrere la storia degli studi, viene posto l'accento sui tre disegni ottocenteschi che ritraggono la "Vittoria di Calvatone": si tratta del disegno a matita inviato all'Istituto di Corrispondenza Archeologica poco dopo la scoperta (1838), dell'acquarello di Gerolamo Ioli (1842) e del disegno a china di Carlo Alghisi (1879). Tutti i disegni privilegiano il lato destro, più completo, e mostrano una Vittoria priva di ali. Nel secondo articolo dal titolo Originale e copie: Berlino, Roma, Mosca (pp. 53-56) si sciolgono definitivamente i dubbi in merito alle copie della statua romana. Presso l'officina dei gessi dei Musei di Berlino tra il 1904 e il 1937 vengono prodotte otto copie in gesso della statua, tra cui si possono annoverare probabilmente la copia oggi esposta all'Altes Museum di Berlino e
sicuramente la copia esposta al Museo della Civiltà Romana dell'EUR. Grazie all'acquisizione di un documento ufficiale del Museo Puskin di Mosca, è certo che appartenga a questa serie di gessi anche la copia russa, ordinata ai Musei di Berlino il 12 aprile 1906 e acquistata per 200 marchi. I contatti con i Musei di Berlino permettono di aggiungere un ulteriore tassello alla storia berlinese della "Vittoria di Calvatone": la Volonté riferisce, infatti, che durante la seconda guerra mondiale, nel tentativo di preservarla da distruzioni e bombardamenti, la statua viene ricoverata insieme ad altri celebri bronzi nell'edificio della "Neue Reichsmunze" ("nuova zecca"). Da qui, conclude la studiosa, se ne perdono le tracce per i successivi settant'anni e si propongono tre ipotesi sul suo destino: l'originale in bronzo potrebbe essere andato distrutto sotto i bombardamenti durante la guerra, potrebbe essere stato trasportato in Russia dall'Armata Rossa oppure potrebbe essere stato trafugato da altri per essere immesso sul mercato antiquario.
Nell'autunno del 2016, a distanza di quasi un anno dall'inaugurazione della mostra cremonese, avviene la svolta decisiva e si arriva alla soluzione di un mistero durato più di settant'anni.
Il 5 ottobre 2016, infatti, sul sito ufficiale del Museo dell'Ermitage di San Pietroburgo viene data notizia di un seminario russo-tedesco tenutosi il 4 ottobre 2016 dal titolo The Calvatone Victory: problems of research and restoration, che annovera tra i partecipanti anche Ezio Alovisi. Nell'articolo si riferisce che la statua in bronzo nota come "Vittoria di Calvatone" si trova nei depositi del museo dal 1946, quando vi giunse insieme ad altre opere d'arte trasferita da Berlino dall'Armata Rossa. La "scoperta" è avvenuta grazie alla possibilità di consultare documenti secretati fino a pochi decenni fa e si riferisce dello studio multidisciplinare avviato dal museo sul manufatto.
A svelare i dettagli sulla misteriosa sorte della "Vittoria di Calvatone" e sul suo trasferimento da Berlino a San Pietroburgo è lo stesso Ezio Alovisi, nell'ambito della conferenza stampa tenutasi il 10 novembre 2016 presso il Municipio di Calvatone e a cui hanno preso parte, oltre alle autorità locali, Marina Volonté, Maria Teresa Grassi ed Enrico Tavoni. Durante l'incontro l'anziano pronipote del primo proprietario della Vittoria ha rivelato di essere entrato in contatto con il museo dell'Ermitage nel giugno 2016 e di aver letto in un rapporto interno dello stesso museo la conferma della presenza dell'originale romano della statua nei depositi del museo e il racconto del suo trasferimento in Russia. Dalle parole di Alovisi apprendiamo che nel 1945 la "Neue Reichsmunze" risulta gravemente danneggiata in seguito ai bombardamenti inglesi e che le cantine dell'edificio si allagano, col conseguente deterioramento delle opere d'arte qui custodite. La "Vittoria di Calvatone" viene salvata dalle acque da un autorevole esponente
dell'establishment russo esperto d'arte antica, che ne ordina il trasferimento in Unione Sovietica insieme alle altre opere. Confusa tra 40.000 casse di legno e priva di numero di inventario,
la statua giunge nel 1946 nei depositi dell'Ermitage di San Pietroburgo, dove viene classificata come scultura francese del XVII secolo e qui dimenticata fino al rinvenimento della nuova documentazione.
La scultura in bronzo, come è stato possibile verificare dalle slides proiettate durante la conferenza stampa, ha subito diversi danni e le sono state staccate le pesanti ali in ferro dorato di cui era stata dotata nell'Ottocento dai restauratori dei Musei di Berlino per rispondere più correttamente all'iconografia nota della "Vittoria alata su globo".
A centottanta anni dalla sua scoperta (1836-2016) e dopo settantuno anni di oblio (1945-2016) la "Vittoria di Calvatone" riconquista la sua identità e, una volta completati tutti gli interventi programmati dai laboratori di restauro del Museo dell'Ermitage per il suo recupero, potrà essere nuovamente esposta al pubblico e restituita al mondo.
(Lilia Palmieri, 20/11/2016)