Urbanistica e Architettura
Architettura: l'edilizia privata
Lo scavo nell'abitato romano di Bedriacum ha riportato alla luce vari complessi abitativi,
le cui strutture murarie appaiono conservate, nella quasi totalità dei casi, solo a livello di fondazione.
Il sito infatti, dopo il suo abbandono, è stato per molti secoli oggetto di sistematiche spoliazioni
e i materiali da costruzione sono stati ampiamente reimpiegati nella realizzazione delle abitazioni
del moderno paese di Calvatone. Lo spostamento dell'abitato, infatti, se da un lato ha permesso
il mantenimento di una situazione privilegiata dal punto di vista archeologico, evitando la sovrapposizione
dei livelli medievali e moderni sulle strutture antiche, dall'altro ha però fatto sì che queste ultime,
ormai abbandonate e in rovina, venissero ridotte al ruolo di vere e proprie "cave" di materiale
edilizio da parte dei successivi abitanti della zona. In numerosi casi tale pratica di reimpiego si è
spinta sino alla completa asportazione delle strutture, anche nei loro livelli più bassi, di modo
che la loro esistenza ed il loro tracciato risultano oggi individuabili soltanto grazie all'evidenza fornita
dalle relative trincee di spoliazione.
Il materiale impiegato in maniera pressochè esclusiva nell'edilizia bedriacense è il laterizio cotto,
manufatto tipico dell'architettura dell'area padana, data la scarsa reperibilità di elementi lapidei.
Costante appare l'uso di tegole e mattoni di reimpiego, a testimonianza di una marcata tendenza
alla economizzazione dei materiali da costruzione che non rinuncia comunque alla funzionalità e
alla resistenza degli impianti. Ben attestato è pure l'uso di leganti (sia malta di calce che semplice
argilla cruda), anche se non mancano strutture murarie messe apparentemente in opera a secco.
Le fondazioni
L'analisi sistematica delle fondazioni murarie ha permesso l'individuazione di cinque differenti tipologie costruttive:
tipo Bacchetta 1 - frammenti di laterizi di reimpiego
(tegole, coppi, in minor misura mattoni) di dimensioni medio-piccole,
posti di taglio e in obliquo, con una tessitura più o meno fitta e
regolare. Talora si conservano più corsi sovrapposti che possono
presentare una disposizione secondo lo stesso senso oppure con senso
alternato (quest'ultima tecnica viene generalmente definita "a spina di
pesce").
tipo Bacchetta 2 - tegoloni a risvolto, interi o in
frammenti di grandi dimensioni, collocati di piatto in allineamento
regolare, con le alette rivolte verso l'alto poste lungo i margini
esterni e costipati all'interno con frammenti di laterizi (tegole,
mattoni, coppi).
tipo Bacchetta 3 - frammenti di laterizi di reimpiego
(perlopiù mattoni sesquipedali, tegoloni a risvolto e, in minor numero,
coppi), solitamente di dimensioni medio-piccole, disposti di piatto su
piani di posa orizzontali, più o meno regolari, senza un particolare
ordine predefinito. Talora compaiono anche alcuni elementi interi o in
frammenti di grandi dimensioni.
tipo Bacchetta 4 - mattoni sesquipedali, interi o
in frammenti di grandi dimensioni, posti di piatto in allineamento
regolare su un unico filare, generalmente accostati lungo il lato corto.
tipo Bacchetta 5 - mattoni sesquipedali interi
regolarmente accostati di piatto lungo il lato maggiore, disposti su
una doppia fila con le connessure alternate per favorirne la coesione.
In alcuni casi, tali tecniche si trovano associate fra loro
all'interno di una stessa struttura muraria: uno stesso elemento, cioè,
può presentare due o più corsi sovrapposti realizzati in modi
differenti. L'alzato parietale vero e proprio era invece realizzato in
materiali deperibili (argilla cruda, legno, frasche, canne) e solo in
rarissimi casi se ne sono quindi conservati resti significativi. La
presenza di una solida zoccolatura laterizia si spiega non soltanto con
la sua evidente funzione statica di supporto ma, soprattutto, con la
volontà di isolare le strutture di alzato dalla risalita di umidità dal
terreno e proteggerle dai ruscellamenti d'acqua sulla superficie del
suolo.
I pavimenti
Lo studio della struttura e dei sistemi decorativi che caratterizzano i pavimenti in cocciopesto delle domus bedriacensi ha contribuito a
precisare il quadro degli usi edilizi in Cisalpina, con particolare riferimento ai processi di romanizzazione.
Infatti, prendendo ad esempio il caso della Domus del Labirinto,
la presenza di più di un triclinio nella stessa abitazione, così come
la scelta di un modello decorativo che definisca la sala da banchetto
secondo un modello italico, è chiaro indizio della volontà di aderire a
un programma urbano romanizzato in tutto e per tutto.
Il triclinio occidentale ha una decorazione a piastrelle litiche
poligonali policrome, disposte secondo uno schema regolare che trova
confronti in modelli pompeiani del I sec.a.C. Il triclinio orientale è
punteggiato da tessere e reca l'emblema a mosaico del Labirinto. Anche i
due cubicula presentano un punteggiato regolare di tessere e al centro una piastrella litica.
Nella Domus dei Signini (Scavo Sud) sono stati individuati tre pavimenti allineati secondo un asse NO-SE, che si aprono a sud su un vasto cortile,
all'estremità opposta del quale è stato rinvenuto un triclinio.
Il più interessante è il pavimento C, dotato di uno
schema decorativo insolito caratterizzato da una forte bicromia: lo spazio è tripartito in due rettangoli laterali
e un quadrato contenente un rosone attorniato da quattro fasce concentriche di
tessere bianche e nere disposte secondo motivi diversi. Agli angoli, in
spazi triangolari, vi sono quattro delfini
affrontati a due a due.La superficie pavimentale del triclinio, invece,
è divisa in cinque zone tramite una cornice di tessere grigie. La
decorazione, assente in corrispondenza dei letti, si fa più fitta nei
campi vicini alla soglia (in buona parte perduta), che sono dotati di
un punteggiato a lastrine litiche policrome disposte in diagonale.
Gli alzati in opus craticium
Per gli alzati è stato osservato un largo impiego dell'argilla cruda almeno fino ad età tiberiana. La tecnica impiegata per la costruzione delle pareti è quella dell'opus craticium, cioè un telaio ligneo autoportante i cui riquadri sono tamponati con materiali di diversa natura, a seconda delle risorse disponibili in loco. A Bedriacum le strutture in opus craticium presentano come tecnica di tamponamento quella denominata "incannucciata", che consiste nello stendere un impasto di argilla cruda sgrassata da paglia su un micro-telaio formato da canne intrecciate.Tale tecnica presenta notevoli vantaggi, soprattutto in fatto di praticità e di economicità, per il fatto di avvalersi di materie prime (argilla, legno, canne) presenti in abbondanza e di facile messa in opera. Avvalendosi di materiali deperibili, non sempre le strutture in incannucciata lasciano un'evidenza archeologica di immediata lettura, salvo il caso in cui, come è avvenuto a Bedriacum, un incendio abbia cotto l'argilla, permettendone la conservazione. Il rinvenimento, soprattutto nello scavo Sud, di fosse di scarico colme di frammenti di argilla concotta recanti impronte di canne, ha permesso lo studio sistematico della tecnica dell'incannucciata e l'elaborazione di una tipologia dei frammenti conservatisi, utile ai fini di una ricostruzione della parete.
Gli affreschi
Le indagni archeologiche hanno finora portato alla luce discrete
quantità di frammenti di affreschi, sempre in condizioni di giacitura
secondaria e sovente in cattivo stato di conservazione poiché spesso
riutilizzati in antico come macerie di riempimento nelle diverse fasi
edilizie.Il loro studio ha finora consentito di individuare una
trentina di insiemi differenti dal punto di vista tecnico e decorativo.
Purtroppo, i motivi decorativi sono piuttosto rari ed estremamente
generici, tali
da non consentire la ricostruzione degli apparati
pittorici: spruzzature, finti marmi, linee di separazione fra campiture dai diversi valori cromatici, motivi vegetali. Più
frequenti le campiture monocrome negli usuali colori di giallo, rosso,
bianco, nero e, raramente, verde. Più interessanti sono i dati che
emergono dallo studio delle caratteristiche tecniche. La preparazione è
in genere costituita da due o tre strati sovrapposti. Significativa
nella loro composizione è la presenza di cocciopesto, in grana grossa
nello strato a contatto diretto con il muro, ben triturato in quello che fungeva da supporto alla pellicola pittorica, in modo da proteggere le pitture dal deterioramento causato dall'eccessiva umidità del clima padano.
Sono attualmente in corso di studio tre nuovi nuclei di affreschi,
rinvenuti durante le ultime campagne dello Scavo Sud e nel corso delle
più recenti indagini nell'area della Domus del Labirinto e nel Quartiere NordOvest. Tali frammenti si differenziano da quelli sinora considerati per la ricchezza
dei motivi decorativi a carattere vegetale e figurato.